LTI- La lingua del terzo Reich. Taccuino di un filologo by Victor Klemperer

LTI- La lingua del terzo Reich. Taccuino di un filologo by Victor Klemperer

autore:Victor Klemperer
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2015-12-09T05:00:00+00:00


1 Goethe fu Geheimrat alla corte di Weimar; era la massima carica attribuibile a un borghese.

2 “Ebrei trasportati” e “ebrei appiedati”.

3 “Ebrei lavati” e “ebrei porcelloni”.

4 Ullstein fu l’ultimo proprietario della Vossische Zeitung, soppressa nel 1934.

5 In italiano nel testo.

6 Così inizia la celebre lirica di Heine (il poeta di Düsseldorf) dedicata alla Lorelei.

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Sion

Con Seliksohn facevamo una sorta di baratto: lui, diabetico, ci portava le patate in cambio di minuscole quantità di carne e verdure. Non sono mai riuscito a capire (e la cosa mi ha sempre un po’ commosso) per quale ragione egli ben presto abbia mostrato una vera simpatia per me e mia moglie, nonostante il suo odio per tutto ciò che era tedesco e benché ritenesse un pazzo o un ipocrita chi, pur portando la stella, continuava ad amare la Germania (ormai ce ne erano pochissimi esemplari). Nato ad Odessa, era arrivato in Germania solo a quattordici anni, durante la prima guerra mondiale; la sua meta era Gerusalemme nonostante avesse frequentato le scuole e l’università tedesche, oppure, come diceva lui, proprio perché le aveva frequentate. Faceva continui tentativi di convincermi che la mia posizione era insensata; a ogni arresto, a ogni suicidio, a ogni notizia di decesso in un lager, quindi tutte le volte che ci incontravamo (e questo accadeva sempre più spesso) erano discussioni sempre più accese; ogni volta mi sentivo dire: “E Lei vuole continuare a essere tedesco, anzi ad amare la Germania? La prossima volta farà una dichiarazione d’amore a Hitler e a Goebbels!”.

“Quelli non sono la Germania, e quanto all’amore... non è questo il nocciolo della questione. Ma a parte questo, oggi ho trovato qualcosa di carino sull’ argomento. Ha mai sentito il nome di Julius Bab?”.

“Sì; è un ebreo berlinese, drammaturgo e critico, mi pare”.

“Dunque, di questo Bab c’è qualcosa fra i libri di Steinitz, chissà come c’è finito; si tratta dell’edizione fuori commercio di una cinquantina di poesie, pubblicate manoscritte e destinate solo ai suoi amici, in quanto egli non si riteneva un lirico veramente creativo, nei suoi versi avvertiva risuonare la melodia di altri poeti. Una modestia che gli fa onore e che è giustificata; a volte si sente l’eco di George, a volte di Rilke, il suo stile è più costruito che spontaneo. Tuttavia una strofa mi ha catturato a tal punto da farmi quasi dimenticare l’artificiosità di quelle derivazioni. Me la sono annotata nel diario, gliela voglio leggere; ci penso tanto spesso che finirò per saperla a memoria. Due poesie dedicate alla Germania, l’una del 1914, l’altra del 1919, iniziano ambedue con la stessa dichiarazione:



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